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La casa cambia insieme a me

Esiste un detto internazionale: sentirsi a casa. Una frase semplice, eppure così potente.

La casa è molto più di un luogo in cui stare: è la nostra seconda pelle. Il posto dove ci rifugiamo a fine giornata. Dove ci sentiamo liberi di essere noi stessi. Dove ogni oggetto, ogni gesto, ogni dettaglio ha un suo significato emotivo.

Secondo la biologia, le nostre cellule si rinnovano ogni sette anni, ad eccezione di quelle del sistema nervoso centrale.La medicina cinese e la psicologia parlano anch’esse di cicli settennali, che segnano tappe importanti della crescita personale.

E allora: perché ci aspettiamo che la casa resti la stessa, quando tutto in noi cambia?

Non ci sogneremmo mai di indossare lo stesso abito dai 15 ai 50 anni — e non solo per questioni estetiche. Il corpo cambia, la vita si muove, le esigenze si trasformano.

Lo stesso dovrebbe valere per lo spazio che ci circonda.

La casa cambia insieme a me, subisce le mie mareggiate emotive, l’alternarsi delle fasi della vita o l’allargarsi della famiglia. E non serve stravolgere tutto: a volte è sufficiente ripensare quello che già c’è, lasciando spazio a ciò che serve davvero, e a ciò che fa stare bene.

Chi vive in coppia lo sa: ci sono felpe del liceo che resistono più dei mobili. Chi ha traslocato almeno una volta conosce bene il potere catartico di rivedere gli oggetti accumulati nel tempo. Ogni passaggio della vita lascia una traccia negli spazi. Ogni cambiamento, piccolo o grande che sia, può essere l’occasione per far prendere vita alla casa in un modo nuovo.

Eppure, il nostro immaginario culturale è ancora legato all’idea di casa come qualcosa di fisso, definitivo, “per sempre”. Basta chiedere a una nonna cosa ne sarà delle sue posate d’argento o delle tovaglie di fiandra. Per generazioni intere, arredare significava pianificare l’eternità. Ma oggi il mondo corre, e le nostre vite si muovono insieme a lui.

Se ogni sette anni siamo nuovi all’80%, anche la casa merita di riflettere chi siamo diventati. Un ambiente che ci calzava a pennello ieri, oggi può iniziare a starci stretto — proprio come quella maglietta che ormai non ci rappresenta più.

A volte, il cambiamento più grande non è fuori, ma dentro. E cambiare casa — o anche solo modo di viverla — può essere il modo più potente per ritrovarsi.

Lo so, i traslochi fanno paura. Ma possono anche essere un’occasione per alleggerirsi, lasciando andare quello che non serve più — nel senso materiale, certo, ma anche emotivo. Per questo credo in un design che sa ascoltare, che non ha bisogno di grandi rivoluzioni per fare la differenza, che mette insieme bellezza e funzionalità, desideri e necessità, forma e senso.

Quello che conta davvero è che ogni ambiente rispecchi chi lo abita.

Che prenda vita, con naturalezza, ogni volta che cambiamo pelle.

E a proposito di cambiamenti: nel prossimo articolo vi racconterò come sono cambiata io in questi sette anni. E perché oggi, più che mai, credo in un design che accompagna le persone nelle loro trasformazioni.

 
 
 

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